Il termine sciuscella è il modo in cui nel dialetto napoletano e, per acquisizione e influenze, in quello gaetano, viene chiamato il frutto e, in generale, l’albero di carrube, pianta che nei secoli è stata alla base dell’economia contadina.
Quest’albero piuttosto rustico è originario dell’Arabia, ma è, in generale, una pianta Mediterranea diffusa soprattutto in Italia meridionale; cresce bene in terreni aridi e anche molto calcarei, ha una crescita lenta ed è molto longevo (può vivere per molti secoli!)
Il carrubo può vivere molti secoli, ha un tronco robusto e tortuoso con corteccia ruvida, rossiccia o grigiastra e una bella chioma sempreverde perfetta per regalare ombra e refrigerio nei caldi mesi estivi.
Il termine sembra derivare dal latino iuscellum, “brodetto”, in riferimento a uno dei modi in cui venivano cotte le carrube.
Queste sono dei grandi baccelli, spessi, simili al cuoio, che, giunti a maturazione, si presentano marrone scuro con una superficie esterna molto dura, polpa carnosa, pastosa e zuccherina che indurisce se le si lascia essiccare.
La sciuscella è conosciuta anche come pianta della sopravvivenza; in alcune zone in particolare era l’unico cibo disponibile dopo un periodo di siccità. Conosciutissime dai nostri nostri nonni che le ricorderanno sicuramente come surrogato del cioccolato in tempo di guerra.
Cosa ci ricorda la forma e il colore di questo frutto? Le nostre Sciuscelle gaetane, dolci tipici della nostra tradizione natalizia, che proprio dalle carrube, nella loro accezione dialettale, prendono il nome.
Èd ecco il profumo del “naspro” che ricopre, come tradizione vuole, le nostre Sciuscelle; quel piacevole sentore di cacao che si fonde con un semplice sciroppo di acqua e zucchero lavorati sul fuoco; la morbidezza all’assaggio, il sentore inebriante di cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Semplicità e tradizione, il connubio del nostro Natale.